Analisi di uno dei dischi più iconici della loro carriera

A cura di Giacomo Bonfadini

Relatore: Ralph Salati

1. Introduzione

1.1  Il ritmo: cenni storici

Il concetto di ritmo ha da sempre costituito un aspetto del tutto imprescindibile e fondamentale all’interno della musica, se non il nucleo portante da dove si è originato tutto ciò che conosciamo oggi in materia.

Fin dai tempi più arcani, difatti, le prime documentazioni in campo musicale sono associate perlopiù alle percussioni, sviluppatesi fin dai primi istanti di vita dell’uomo appena esso scoprì la capacità di produrre suoni semplicemente battendo a tempo tra loro utensili come bastoni e pietre, funzionali sia come forma di comunicazione che per scopi di intrattenimento come ad esempio accompagnare danze. Sono state ritrovate infatti testimonianze in Africa risalenti al X secolo a prova del fatto di come le tribù locali utilizzassero strumenti a percussione non solamente a fini ricreativi ma bensì anche per lanciare messaggi, ad esempio come possibili avvistamenti di nemici.

La motivazione di ciò risiede nel fatto che il gesto di battere il tempo è la forma di espressione musicale più intrinseca all’uomo e alla quale esso si sente più legato, considerando l’estrema facilità con cui è possibile generare una pulsazione anche solamente con l’utilizzo delle mani e piedi.

Col passare dei secoli, il comparto ritmico ha subito sostanziali innovazioni nelle diverse sfaccettature di genere che compongono la musica, frutto sia di costanti sperimentazioni ed integrazioni di elementi estranei al genere di partenza che dalla loro estremizzazione. Un esempio calzante è rappresentato dal blues, genere ottenuto dall’unione avvenuta tra gli elementi tipici della tradizione musicale afroamericana come la ritmica shufle, le work songs e la musica eurocolta, la quale ha apportato al suo interno la tipica struttura articolata in dodici battute ed un sistema tonale di riferimento basato nella sua forma più standardizzata nella successione di accordi di tonica – sottodominante – dominante. Parlando di strutture ritmiche complesse si cita anche il konnakol, termine riferito ad un’arte vocale tipica della tradizione indiana basata sull’esecuzione di sillabe all’interno di sistemi ritmici particolarmente intricati, distanti dalla concezione ritmica Occidentale.

Da questi due esempi si rende chiaro come l’aspetto ritmico sia stato quindi un elemento cruciale per lo sviluppo stilistico della musica, considerando come esso è stato interpretato secondo metodologie agli antipodi in diversi contesti culturali anche geograficamente lontanissimi tra loro. Il ritmo costituisce difatti il fulcro da cui è scaturita in seguito la complessità musicali in termini di varietà come la conosciamo oggi, in quanto elemento primordiale ancor prima che si sviluppassero i concetti di armonia.

1.2  Band bio

I Meshuggah sono una band svedese formatasi nel 1987 ad Umeå, formata dal frontman Jens Kidman, i chitarristi Fredrik Thordendal e Marten Hagström, il bassista Dick Lovgren ed il batterista Tomas Haake.

Nelle sue prime fasi di attività il gruppo era inizialmente dedito a sonorità riconducibili al progressive/thrash metal, fortemente influenzato da band dello stesso genere operanti nello stesso periodo, come i Metallica, Slayer, Pantera.

Tuttavia, l’aspetto che differenziò fin da subito i Meshuggah dalle altre band thrash metal dell’epoca fu l’approccio stilistico da loro adoperato, atipico rispetto ai canoni classici del genere. Difatti, l’elemento cruciale delle loro composizioni è stata fin dagli albori la forte enfasi sul groove, ottenuta tramite l’ampio utilizzo di tecniche di scrittura tali da generare incastri ritmici alquanto intricati e complessi, eclissando quasi totalmente la presenza di riferimenti armonici all’interno dei brani. L’unicità del proprio sound ed il fatto di essere dei “padri fondatori” di uno dei fenomeni di maggior rilevanza nella scena metal mondiale li ha consacrati come una vera e propria band di culto, diventando di conseguenza una delle realtà di maggior riferimento nel panorama metal internazionale degli ultimi due decenni.

1.2 “Nothing” e l’origine del Djent

“Nothing” (2002) rappresenta un punto di svolta rispetto alla discografia dei Meshuggah.

Come discusso nel paragrafo precedente, il focus sulla componente ritmica convogliato soprattutto grazie all’utilizzo di polimetrie ha da sempre rappresentato l’elemento cardine sul quale si è fondata la peculiarità del loro songwriting.

Fino al disco precedente Chaospere(1998), tale approccio stilistico venne applicato dalla band all’interno di brani caratterizzati da tempi incalzanti e frenetici, mentre in Nothing è impossibile non notare la presenza di un riffing più cadenzato e lento, orientato in prevalenza sui mid-tempos. La scelta di operare su ritmi più dilatati enfatizza ulteriormente il groove poichè i pattern ritmici adoperati in questa sede risultano di conseguenza più intellegibili, se confrontati all’andamento convulso degli album precedenti.

Inoltre, la scelta di adoperare l’accordatura di una chitarra ad 8 corde per la maggior parte dei brani in F standard (dal basso verso l’alto: F1 Bb1 Eb2 Ab2 Db3 Gb3 Bb3) rispetto alla loro precedenti in Bb Standard (Bb1 Eb2 Ab2 Db3 Gb3 Bb3 Eb4) risulta altresì pertinente e fondamentale per marcare gli accenti caratteristici di pattern ritmici utilizzati soprattutto con salti di ottava, oltre a conferire più punch – in e pesantezza al riffing in sé.

Nothing rappresenta inoltre una pietra miliare nel percorso artistico dei Meshuggah, in quanto l’enfasi ulteriormente accentuata posta sulla componente ritmica verrà reso un elemento tipico del sound dei lavori successivi, come si può notare ad esempio sul riff di Demiurge (Koloss, 2012) al minuto 2.26 e sul riff iniziale di Dancers to a Discordant System (ObZen, 2008). Tuttavia, il sound thrash metal ritornerà occasionalmente all’interno di ogni album ma confinato ad un numero limitato di tracce, come ad esempio Combustion e Pravus in ObZen e in Our Rage Won’t Die in The Violent Sleep Of Reason (2016).

Degno di nota è inoltre l’evoluzione dello stile vocale del frontman Jens Kidman, virato in quest’album verso una direzione tipica dell’hardcore/nu metal quasi tendente al death rispetto alle sonorità più di stampo thrash tradizionale adoperate fino a Chaosphere, influenzate da gruppi come Metallica e Slayer.

Non solo però un punto di svolta rilegato unicamente ai Meshuggah, ma tale da ribaltare completamente gli schemi adottati sin da quel momento tra gli artisti appartenenti a tali generi a tal punto da consacrare il gruppo svedese come precursore del djent, sottogenere totalmente rivoluzionario del metal esploso verso gli anni’10 del nuovo millennio caratterizzato dall’uso di chitarre a 7 o 8 corde a pari passo con la complessità della componente ritmica, entrambi canoni stilistici oramai riscontrabili nella maggior parte delle produzioni metal moderne tra cui spiccano gli Animals as Leaders, Periphery, After The Burial, i Monuments e i Tesseract.

Di seguito verranno proposte ed analizzate diverse trascrizioni estratte da alcuni dei brani più iconici di quest’album, al fine di comprendere al meglio l’approccio singolare alla musica adottato dalla band.

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2. Il DNA ritrmico di “Nothing” e della musica dei Meshuggah

2.1  Cenni armonici sul riffing del “nulla armonico”

La prima cosa che salta all’occhio dalla trascrizione riportata nella Figura 2.1 del riff iniziale del brano Rational Gaze, estratto dall’album in studio Nothing (2002), è l’assoluto minimalismo della scelta melodica del riffing, limitata a F e Gb (intervallo di 9b) per tutta la sezione. Tale scelta è funzionale a produrre un effetto di costante tensione e dissonanza conferito dall’utilizzo della nona minore.

Figura 2.1 – Intro Riff di Rational Gaze

Non è però la questione armonica in sé ad apportare tale sensazione, ma la totale assenza di un contesto armonico, per il quale di conseguenza spesso troviamo l’effetto di non avere un centro tonale definito. Il riff successivo a quello riportato sopra ne è la conferma (Meshuggah – Rational Gaze, min 0:29)

Come si può notare nella figura 2.2, il riff è formato da una sequenza cromatica di note (F, Gb, G, Ab) tale da non essere riconducibile ne ad una scala diatonica, ne ad alcun riferimento armonico. A complicare ulteriormente una possibile analisi armonica, entrambi i riff non presentano accordi tali da fornire più contesto circa il possibile centro tonale adoperato, bensì note singole.

Altra peculiarità della band risiede infatti nella strumentazione utilizzata, ossia chitarre a otto corde1, la cui accordatura è peraltro abbassata di un semitono.

Figura 2.2 – Rational Gaze: Riff Strofa

In un range così basso di frequenze, anche solo la scelta di suonare dei power chords rischierebbe già di impastare notevolmente la scelta di un riffing così ritmico. Potremmo pensare ad un’analisi melodica prendendo in esame gli assoli.

1 Essenzialmente alle sei corde già esistenti ne vengono aggiunte altre due più gravi, in ordine un B ed un F# a partire dall’alto

2.1 Polimetria e cicli polimetrici

Prendendo in esame il riff iniziale di Rational Gaze emerge un’altra peculiarità, ossia l’esecuzione da parte della chitarra di una singola cellula ritmica in contrasto rispetto al tempo di 4/4 indicato sulla trascrizione, riportata nella figura a lato.

Figura 2.3 – Cellula ritmica dell’Intro Riff isolata

Il pattern ritmico evidenziato corrisponde infatti ad un tempo di 25/16 accompagnato da una parte in 4/4 eseguita simultaneamente dalla batteria, come si può notare dal battere del rullante all’inizio del terzo movimento e dalla cadenza del china che scandisce ogni quarto presente nella battuta, mentre la grancassa riproduce fedelmente il pattern ritmico suonato all’unisono dalla chitarra e dal basso, come indicato in figura 2.4.

Ciò genera di conseguenza una polimetria (detta

anche ritmo composito), vale a dire la sovrapposizione simultanea di due o più metriche diverse tra le voci di una composizione.

Figura 2.5

Il modo in cui i Meshuggah applicano tale concetto è percepibile prendendo nuovamente in esame il riff in figura 2.1, ma con particolare accortezza circa la ripetizione della cellula ritmica.

In figura 2.5 si può difatti notare come l’intero riff sia in realtà composto dalla ripetizione sequenziale della stessa cellula analizzata prima per un totale di cinque volte.

Figura 2.4 – Pattern di batteria sottostante al riff 2.1

2.3 Ending cycle: riallineamento forzato

Al termine del quarto movimento dell’ottava battuta è presente però una variazione prima che la sequenza riparta nuovamente dall’inizio dalla battuta seguente, come evidenziato in blu.

Ciò rappresenta un elemento ricorrente nel processo di scrittura della band, ossia il “Riallineamento forzato”, una tecnica palesemente utilizzata in chiusura dei cicli, sebbene la band nelle interviste faccia trasparire di non avere coscienza circa tale approccio.

Tale tecnica prevede che la chitarra e il basso, all’unisono con il “kick drum”, eseguano un pattern ritmico irregolare2 ripetuto in sovrapposizione al 4/4.

Utilizzando due metri diversi sovrapposti (es. 3/4 su 4/4), il punto in cui la ripartenza dei due metri coincide è legato al numero di ripetizioni dettato dal minimo comune multiplo tra essi. Nel caso in esempio, tra 3 e 4 sarà 12, otterrò dunque un riallineamento naturale dopo 12/4 avendo lo stesso denominatore.

Diversamente, il riallineamento forzato tiene conto unicamente di uno solo dei due metri, il quale definirà la lunghezza del ciclo. Nella musica dei Meshuggah il metro prevalente è il 4/4, sopra il quale viene sovrapposta una cellula ritmica irregolare, pertanto se decidessi di limitarmi ad 8 misure da 4/4, all’ottava misura andrò a tagliare il metro sovrapposto per forzare la ripartenza nella misura successiva.

La tecnica del “Forced Alignment” va ad esacerbare il senso di randomizzazione, generando un terzo metro in chiusura ciclo, mentre la percezione del groove risulterà lineare, poichè assieme alla suddivisione in 4/4 viene anche mantenuto un numero di battute pari.

Se si ascolta Rational Gaze al minuto 0.14, si può notare difatti un’interruzione della cellula ritmica suonata costantemente fino a quel punto, a primo impatto in maniera quasi del tutto casuale. Ciò viene conferito dal contrasto ritmico apportato dal disallineamento tra chitarra e batteria, passando poi ad uno stato di momentanea stabilità data dal riallineamento di entrambe secondo tale tecnica.

Figura 2.6 – Riff iniziale di Stengah

Un altro riff estratto dal brano  Stengah  in  figura 2.6 chiarisce ulteriormente questo concetto. Come nel caso di Rational Gaze, si ha un tempo fisso di 4/4 al quale adesso viene sovrapposta una cellula ritmica in 11/8 ripetuta cinque volte per la durata di otto misure, alla quale vengono tagliati due ottavi nell’ottava battuta per ottenere il riallineamento ritmico all’inizio della nona misura.

2 La somma delle note in esso presenti non deve essere divisibile per 4

3   Gli assoli: Thordendal o Holdworth?

3.1  Affinità stilistiche

Dal punto di vista solistico, lo stile del lead guitarist Fredrik Thordendal è peculiare e spesso associato a quello del chitarrista fusion Allan Holdsworth per via dell’uso preponderante del legato e di altre tecniche simili tra cui slides ed hammer-ons from nowhere eseguite a velocità elevate, a cui segue dal lato armonico l’ampio utilizzo di scale alterate.

Nella maggior parte dei casi, il modo in cui Thordendal approccia gli assoli può essere categorizzato in due modalità. La prima è basata sull’iperbolizzazione di sonorità dissonanti già esacerbate dall’assenza di un centro armonico nella parte ritmica come discusso precedentemente tramite l’atonalità del fraseggio, mentre la seconda su una concezione più melodica del fraseggio tramite l’utilizzo di determinate tipologie di scale.

Nella quasi totalità dei casi il fraseggio viene però accompagnato da un riff ritmicamente intricato, consistente in un solo accordo (prevalentemente un powerchord o diminuito), oppure in una serie di note ripetute per tutta la durata dell’assolo, ma tali da non essere associati ad alcuna progressione armonica nella quasi totalità dei casi.

Per Holdsworth era invece di prassi combinare entrambi gli approcci nello stesso assolo, sfruttando momenti di massima tensione armonica ottenuti grazie all’outside playing prolungati ben oltre gli spazi ad essa consentiti per poi risolverli, tornando ad un fraseggio consonante al contesto armonico di riferimento. Di conseguenza, la mancanza di un centro tonale e riferimenti armonici consente a Thordendal di adoperare scale provenienti da più modi diversi senza restrizioni di natura armonica, adoperando la cellula ritmica del riff come pedale.

3.2  Analisi dell’assolo di “Stengah”

Dal punto di vista delle tecniche adoperate si osserva un vasto utilizzo del legato nelle misure che vanno da 1 a 9, funzionali a convogliare un fraseggio particolarmente fluido e pulito dal lato esecutivo soprattutto nelle sezioni rapide composte da terzine di sedicesimi. La presenza di slides è inoltre fondamentale conferire maggiore fluidità nel fraseggio.

Figura 3.4 Riff sotto all’assolo in figura 3.3

Mentre la prima parte dell’assolo è caratterizzata principalmente da scale eseguite a velocità elevate, quella finale si distingue per un fraseggio più lento, incentrato sull’utilizzo di slides e bending di tono e semitono al fine di convogliare maggiore espressività esecutiva. Ad essi viene aggiunto un MIDI breath controller utilizzato da Thordendal per dare una sonorità più “allucinata” all’intero assolo.

Analizzando l’assolo dal punto di vista degli intervalli adoperati, le prime due misure presentano unicamente intervalli di tono, mentre dalla terza ne subentra il primo di semitono sul battere del terzo movimento da C a Db.

L’altra peculiarità della sezione solistica che riveste un ruolo fondamentale nel conferire una sensazione di irresolutezza armonica e di costante tensione risiede nel riffing della parte ritmica.

Come si può notare nella trascrizione a lato, esso consiste nell’alternarsi di due bicordi le cui note sono poste a distanza di sesta minore e di quinta diminuita, tale da non fornire alcun riferimento armonico.

3.3  Analisi dell’assolo di “Perpetual black second”

L’altra tipologia di approccio agli assoli adoperato da Thordendal consiste nell’impiego del tapping su intervalli larghi e spesso in maniera atonale all’interno di run veloci, in modo tale da conferire un sound claustrofobico e “macchinoso” come si può ascoltare ad esempio negli assoli di Perpetual Black Second (minuto 2:48) e New Millenium Cyanide Christ (minuto 2:57).

Ad esso seguono solitamente degli string skipping di una o più corde, funzionali a coprire rapidamente ampi intervalli di note aumentando così la dissonanza sonora in maniera esponenziale. Nell’assolo riportato in figura 3.4, il ripetersi della sequenza cromatica in tapping combinata al riffing esaspera il senso di instabilità armonica.

4.   Gear e produzione di “Nothing”

4.1  Gli strumenti extended range

Un’ulteriore caratteristica che ha contribuito a consolidare l’unicità dei Meshuggah consiste nell’essere stati una delle prime band metal ad aver introdotto fin da subito l’utilizzo di strumenti extended range sin dal primo album Contradictions Collapse (1991).

Le chitarre multicorda trovano in realtà la loro origine qualche secolo prima, specialmente in ambito classico e jazzistico. Difatti, le prime tracce di chitarre a 7 corde si ritiene risalgano al periodo barocco compreso tra il XVII e XVIII secolo, popolarizzate in seguito chitarrista russo Andreij Sychra nel 1793. Tipicamente venivano accordate in Open G (D G B D G B D), così da facilitare l’esecuzione di accordi maggiori con il solo utilizzo del barrè.

Lo strumento in sè acquisì presto popolarità nelle zone occupate dall’Impero Russo proprio grazie alla possibilità di eseguire linee di basso più ampie, funzionali ad arricchire il contrappunto grazie all’ampliamento del range sonoro. Altre tipologie di chitarre multicorda fino a 9 risalgono inoltre a tale periodo, sebbene le prove che attestino l’esistenza di esemplari siano più rare.

In epoca moderna, più precisamente nel XX secolo, l’uso delle chitarre extended – range riscosse una notevole popolarità a partire dall’ambito jazz grazie a musicisti come George Van Eps negli anni’30 e ai brasiliani Raphael Rabello e Horondino “Dino Sete Cordas” José da Silva per quanto concerne la bossa nova e il choro, seguiti dai nostri connazionali Pasquale Taraffo (utilizzò una chitarra a 14 corde tra la fine dell’Ottocento fino agli anni’30 del ‘900) e Livio Gianola, quest’ultimo specializzato nell’uso della chitarra classica ad 8 corde in ambito world music.

L’aspetto di tali strumenti che ne decretò la popolarità nel corso dei decenni fu proprio la versatilità ad essi intrinseca grazie all’estensione di ottava conferita dall’aggiunta di una o più corde tipicamente verso il basso, elemento chiave per consentire sperimentazioni grazie alla presenza di una vasta gamma di note di altezza diversa normalmente non inclusa in una chitarra tradizionale a 6 corde.

Non solo innovazione in quanto all’ampiezza sonora, in quanto l’ampliamento del range consente di creare nuovi voicings o trasporre quelli già esistenti in posizioni più ergonomiche grazie alle corde addizionali. È infatti frequente la tecnica di droppare di un tono la settima o l’ottava corda, in modo tale da avere la stessa nota sulla quinta e settima corda posta però ad un’ottava di differenza, ottenendo così l’accordatura chiamata Drop A (A E A D G B E). Nel caso della chitarra ad 8 corde il drop sull’ottava corda consente di avere tre Mi posti ad altezze differenti, quest’ultima con lo stesso pitch di quello di un basso (E B E A D G B E).

4.2 Le Chitarre Adoperate

I chitarristi Fredrik Thordendal e Marten Hagström adoperavano all’inizio rispettivamente delle Ibanez Universe Custom a 7 corde accordate un semitono in basso rispetto allo standard tuning in B, in modo tale da avere accesso a sonorità più gravi (dal basso verso l’alto: Bb1 Eb2 Ab2 Db3 Gb3 Bb3 Eb4). A

partire da Nothing hanno abbassato ulteriormente l’accordatura in F standard (F1 Bb1 Eb2 Ab2 Db3 Gb3 Bb3) in quanto l’album sarebbe dovuto esser stato suonato con chitarre a 8 corde, ma i prototipi dati dal brand svedese Nevborn Guitars davano ingenti problemi di intonazione, ragione per cui l’intero album è stato registrato su chitarre a 7 corde droppate in F standard ed in seguito ri-registrato nella versione del 2006 quando Ibanez ha fornito loro dei modelli M8M a 8 corde con scala 29’4 ed equipaggiati con Humbucker Lundgren Model 8 passivo ceramico al ponte. Essendo entrambi endorser Ibanez di lunga data hanno collaborato su modelli signature, come la Ibanez FTM33 “Stoneman” 8 corde adoperata attualmente da Thordendal. Entrambi utilizzano corde DR Strings Tite-Fit scalatura 0.10 – 0.75.

4.3 Amplificazione

Dal punto di vista dell’amplificazione, Nothing differisce dai lavori precedenti per l’impiego del digitale, in particolare il Line 6 Pod Pro, mentre sia in Chaospere che in Destroy Erase Improve venne adoperato il Mesa Dual Rectifier principalmente per le chitarre ritmiche. L’integrazione di amplificazione digitale diventerà la norma per la band soprattutto in sede live, considerando il largo impiego del Fractal Audio Systems Axe Fx-II.

Entrambi i chitarristi adoperano inoltre cabinet e testate Fortin custom made.

4.4 Le Accordature Utilizza in “Nothing”

In Nothing vengono adoperate diverse accordature rispetto al F standard tra cui l’E standard, ottenuto abbassando l’accordatura in F di un semitono (E1 A1 D2 G2 C3 F3 A3 D4) in Stengah, Perpetual Black Second, Glints Collide, Organic Shadows, il Drop Eb in Nebulous (Eb1 Bb1 Eb2 Ab2 Db3 Gb3 Bb3 Eb4), un Bb standard con l’ottava corda abbassata di un’ottava rispetto al Bb della settima corda in Spasm (Bb0 Bb1 Eb2 Ab2 Db3 Gb3 Bb3 Eb4) ed una versione abissale del Drop D ma abbassata di un’ottava in Obsidian, partendo dall’accordatura in E standard menzionata prima ed abbassandone solamente l’ottava corda di un tono intero.

L’utilizzo di tali accordature particolarmente basse è un marchio distintivo del sound dei Meshuggah e funzionale a enfatizzare la pesantezza delle parti ritmiche, aspetto che li renderà figure di riferimento

assolute per la scena metal sviluppatasi verso la fine degli anni’10 del nuovo millennio nota come Djent. La quasi totalità degli di artisti ad essa appartenenti come Animals as Leaders, Periphery e i TesseracT ne prenderà particolare ispirazione dal gruppo svedese.

4.5 Curiosità sulla Produzione del Disco

L’album è invece stato totalmente auto-prodotto e rilasciato il 6 agosto 2002 per la label Nuclear Blast, ma la band non fu soddisfatta all’epoca con il mixaggio definitivo in quanto la decisione di unirsi all’OzzFest nel medesimo periodo costrinse i componenti ad un mixing eseguito in appena due giorni. A complicare ulteriormente la questione, la casa produttrice di chitarre handmade Nevborn Guitars non riuscì a fornire in tempo le chitarre a 8 corde che Thordendal e Hagström avrebbero dovuto utilizzare per registrare l’intero album, avvenimento che li costrinse a “downtunare” le loro Ibanez 7 corde come fossero 8 corde.

Il 31 ottobre 2006 uscì una versione ri-registrata e rimasterizzata dell’album, avendo oramai delle nuove chitarre a 8 corde con scala baritona, concepite appositamente per una definizione maggiore su quel range.

Rispetto alla versione del 2002, Nebulous e Obsidian hanno subito variazioni strutturali sostanziali, in quanto i BPM della prima sono stati ridotti mentre la lunghezza della seconda è stata raddoppiata.

Altri cambiamenti tra le due versioni riguardano la batteria. Fu adoperato infatti il Drumkit From Hell nella versione del 2002, essenzialmente una batteria programmata basata su dei samples suonati dal batterista Tomas Haake, mentre venne interamente registrata da lui stesso nella seconda versione.

Le tracce vocali non subirono alcuna variazione ma solo riprocessate.

La scelta di trattare questo argomento deriva principalmente dalla predilezione che ho da sempre nei confronti del metal estremo, al quale mi rifaccio molto in termini di ascolto se non un genere principale che ho suonato finora nei miei vari progetti nelle sue diverse sfumature.

In particolare, la mia scelta è ricaduta sui Meshuggah in quanto negli anni della mia adolescenza ho vissuto parte del movimento djent in prima persona, tuttora uno dei generi che ascolto in maniera frequente in quanto ne sono stato da sempre attratto dalle strutture complesse e ricercate.

Di conseguenza ritengo con questa tesi di aver colto l’occasione per esaminare più a fondo gli elementi che hanno contraddistinto i Meshuggah dal resto delle band metal più tradizionali contestualizzate nello stesso periodo di attività, in modo da avere un disegno più completo e chiaro sul motivo per cui la paternità del djent è stata a loro attribuita a più riprese.

Inoltre, l’approfondimento sulle tecniche di songwriting utilizzate dalla band mi è stato funzionale per espandere il mio vocabolario e sviluppare il mio know-how sui processi compositivi.

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