Con la sua scomparsa, se n’è andata una delle più grandi leggende della musica. Quincy Jones è celebre soprattutto per essere stato il produttore dell’album di maggior successo nella storia della musica: Thriller di Michael Jackson, con oltre 100 milioni di copie vendute.
Ma è stato molto, molto di più.
Quincy Jones è stato… tutto.
Ripercorriamo i primi anni della vita di Quincy Jones
Cresciuto in un contesto molto difficile, Quincy ha vissuto un’infanzia segnata dalla povertà e dalle tensioni familiari. Nonostante ciò, giovanissimo, diventò trombettista professionista, andando in tour con uno dei più grandi jazzisti dell’epoca, Lionel Hampton. È in questo periodo che inizia a farsi notare come un talento straordinario, capace di muoversi con disinvoltura nel mondo del jazz.
Studiò composizione a Parigi con Nadia Boulanger, una delle insegnanti più influenti del XX secolo, che annoverava tra i suoi allievi anche Leonard Bernstein e Philip Glass. Fu proprio Boulanger a spingerlo a esplorare la sua unicità musicale, trovando un equilibrio tra le radici afroamericane e la musica classica europea.
Jones è stato uno dei più importanti arrangiatori di big band jazz, collaborando con giganti del calibro di Dizzy Gillespie, Count Basie e Duke Ellington. Il suo genio arrivò anche alle orecchie di Frank Sinatra, con cui lavorò come arrangiatore e direttore d’orchestra per brani celebri come Fly Me to the Moon, che divenne la prima canzone trasmessa durante una missione sulla Luna.
Non si fermò qui: Quincy fu autore di numerose colonne sonore per il cinema e la TV, rivoluzionando il ruolo dei compositori afroamericani a Hollywood. Nel 1968 divenne il primo afroamericano nominato all’Oscar per la Migliore Canzone Originale, aprendo la strada a una nuova generazione di artisti.
Michael Jackson e altri capolavori
Oltre a Michael Jackson, di cui produsse gli iconici album Off the Wall, Thriller e Bad, collaborò con una lista impressionante di artisti: Aretha Franklin, Ray Charles (suo amico d’infanzia), Dinah Washington, Diana Ross, Donna Summer, Chaka Khan, Miles Davis e persino rappers come Tupac Shakur. La sua capacità di unire mondi apparentemente distanti ha segnato generazioni intere.
Nel 1985 fu il produttore di We Are The World, il celebre brano benefico che coinvolse star come Stevie Wonder, Lionel Richie, Bruce Springsteen, Tina Turner e Bob Dylan, raccogliendo fondi per combattere la carestia in Africa.
Durante la sua carriera, Quincy vinse 28 Grammy su 80 nomination, un record che lo consacra come uno dei più premiati nella storia della musica. Fu anche vicepresidente dell’etichetta discografica Mercury, dove lanciò il talento di Lesley Gore, che a soli 16 anni dominò le classifiche con “It’s My Party”.
Quincy Jones era un uomo carismatico, dotato di una grande capacità di ottenere il meglio dagli artisti con cui lavorava. La sua versatilità lo portò a spaziare dal jazz alle colonne sonore, dal pop fino all’hip hop, che riconobbe subito come una rivoluzione culturale e musicale.
Il suo stile si è sempre contraddistinto per la capacità di creare musica raffinata ma accessibile, complessa e ricercata ma mai pesante. Ogni nota nelle sue composizioni sembra essere al posto giusto, senza eccessi o inutili virtuosismi. Tra i suoi dischi imperdibili ci sono Big Band Bossa Nova, che coniuga il jazz con i ritmi brasiliani, e This Is How I Feel About Jazz, un’opera che cattura la vera essenza del suo genio musicale. Non si può non citare anche Back on the Block, un disco innovativo che ha segnato il 1989 fondendo jazz, soul e hip hop.
Se non l’avete ancora fatto, guardate il documentario Quincy su Netflix. È un viaggio intimo nella vita di questa leggenda, raccontato anche da Dr. Dre, che lo considera un’ispirazione.
Quincy Jones era…tutto.