Quando si parla di audio digitale, c’è un valore che ricorre spesso: 44.1 kHz. È lo standard con cui vengono realizzati i CD audio, ma da dove deriva questa cifra? È soltanto una convenzione oppure ha una motivazione tecnica?

Comprenderlo è essenziale per chiunque voglia intraprendere una carriera come fonico, ingegnere del suono o producer musicale. Ecco una spiegazione sintetica e chiara per non limitarsi a selezionare un numero nel software, ma sapere realmente cosa si sta facendo.

Che cos’è la frequenza di campionamento?

Ogni suono che registriamo viene convertito da analogico a digitale. Questo processo avviene attraverso “istantanee” del segnale audio scattate a intervalli costanti. Questi singoli “frame” si chiamano campioni. Più ne catturiamo in un secondo, più preciso sarà il risultato.

La frequenza di campionamento indica proprio quante volte al secondo viene “fotografato” il suono. Se registri a 44.1 kHz, significa che vengono acquisiti 44.100 campioni ogni secondo.

Perché proprio 44.1 kHz?

La spiegazione è di natura tecnica e storica. L’udito umano può percepire suoni fino a circa 20.000 Hz. Per registrarli fedelmente, secondo il teorema di Nyquist, bisogna campionare ad almeno il doppio della frequenza. Servono quindi almeno 40.000 campioni al secondo.

Per avere un margine di sicurezza e gestire efficacemente i filtri anti-aliasing (quelli che evitano distorsioni e artefatti digitali), è stato scelto il valore di 44.100 Hz: un numero che si adatta bene sia dal punto di vista matematico che tecnico.

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Frequenza di campionamento e produzione musicale

Oggi, nei moderni studi di registrazione, si impiegano spesso frequenze più elevate (48, 88.2, 96 kHz o anche superiori). Tuttavia, 44.1 kHz rimane ancora lo standard principale per l’audio destinato all’ascolto, come la musica su CD o in streaming.

Per chi lavora nella produzione musicale, sapere quando e perché scegliere una determinata frequenza di campionamento non è un dettaglio: fa parte del lavoro. Soprattutto nel home recording, dove bisogna trovare un equilibrio tra qualità audio e dimensione dei file.


Comprendere concetti come questo è il primo passo per lavorare seriamente in uno studio di registrazione. Chi si sta formando oggi come fonico non può permettersi di trascurare le basi dell’audio digitale.

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