Di Gabriele Bernardi.
Quant’è la durata media di una canzone? Iniziamo col dire che è da quando esistono i supporti di registrazione che ci si pone il problema, cioè dai primi del ‘900 con i dischi a 78 giri. Essi avevano capacità ridotta, intorno ai 3 minuti massimo 3 minuti e mezzo, quindi il mondo musicale si è da subito adeguato, riducendo le tempistiche rispendo alla musica classica.
La cosa interessante è che nei decenni successivi l’avvento delle radio musicali, poi dei 45 giri e poi ancora nei videoclip musicali, non ha modificato lo standard di durata, tanto che si può dire che l’ascoltatore standard è a tutt’oggi “tarato” sui 3 minuti di attenzione in un brano pop/rock. (In realtà la durata d’attenzione ha subìto una drastica riduzione con le piattaforme streaming e il web, ma questa è un’altra storia)
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Giusto per fare qualche esempio, dagli anni ’60 avevano fatto scalpore Like A Rolling Stone di Bob Dylan, Hey Jude dei Beatles e più tardi Bohemian Rhapsody dei Queen come singoli fuori dalla durata canonica, raggiungendo la durata di 6 o 7 minuti. Per il resto, i brani che passano per radio hanno una durata e una consequenzialità quasi prevedibile degli eventi musicali, in modo da dare la massima soddisfazione al cosiddetto “casual listener”, cioè l’ascoltatore casuale.
Ogni genere musicale sviluppatosi nel Ventesimo Secolo ha le proprie peculiarità, una tra tutte è sicuramente la struttura del brano, che varia moltissimo a seconda di quanto debba catturare l’ascoltatore:
Struttura musicale della Ballata
La ballata è caratteristica del genere folk o country. E’ composta da un solo tema (o “strofa”) che si ripete ciclicamente senza variazioni, eventualmente con modulazioni, cioè cambi di tonalità. Esistono anche ballate con strofa e ritornello, oppure con strofa e intermezzo strumentale; comunque sia questa semplicità di struttura è pensata per far risaltare il cantato e il messaggio del testo, oltre a far sedimentare facilmente la canzone nell’ascoltatore (diventa quindi trasmissibile oralmente come nei canti tradizionali).
La struttura della Forma Canzone
La cosiddetta forma canzone ha invece una forma bipartita o tripartita, cioè può avere due o tre momenti riconoscibili nel brano (A-B o A-B-C, che possono essere “strofa-ritornello” o “strofa-bridge-ritornello”). Il bridge è un vero e proprio ponte tra strofa e ritornello, mentre potrebbe comparire anche una variazione nella seconda metà del brano chiamata “special”. A differenza del bridge, che può capitare più volte nel brano, lo special è unico e separa secondo e terzo ritornello. Una forma canzone convenzionale potrebbe essere A-A-B-C-A-B-C-D-C-C, oppure A-B-A-B-C-B-B, in ogni caso è eccellente per rispettare i tempi radiofonici e creare un discorso musicale vario e completo. Il campo di applicazione è il pop in tutte le sue forme, quindi includendo anche pop-rock, synth-pop, dance-pop, r’n’b ecc.
La struttura di un brano jazz
Quando si ascolta un brano jazz ci si ritrova in un discorso ibrido: il “tema”, cioè la melodia principale, è in genere di 32 battute e a sua volta suddiviso in due o tre parti (quindi A-B o A-B-C come nel pop). Non tutti sanno infatti che il repertorio jazz attinge da quello che era il “pop” dell’epoca, la differenza è che la struttura A-B o A-B-C occupa i primi 30 secondi o poco più del brano, poi si ripete la stessa struttura mentre i solisti improvvisano. Se si dovesse stilare una struttura comune dei brani jazz sarebbe “tema-improvvisazioni-tema”, con la stessa ciclicità che si avverte nel folk e nelle musiche tramandate oralmente.
La struttura di un brano di musica elettronica
Un ultimo cenno va alla musica elettronica, che esiste in moltissime forme (generi famosi sono techno, house, trap, hip-hop, dubstep, EDM tanto per citarne alcuni) ma tendenzialmente si divide in due filoni: il primo organizza la canzone in maniera simile alla forma canzone, il secondo invece ha uno svolgimento più “minimal”, cioè composto da micro-variazioni strutturali e una maggiore attenzione al suono e all’atmosfera. Certamente quel che cambia è la terminologia, per esempio compaiono termini come “build-up” per indicare un crescendo che prepari la parte più impatto del brano, chiamata “drop”, oppure “breakdown” per indicare uno svuotamento o una variazione rispetto al normale arrangiamento.
In qualunque contesto ci si trovi, è importante per chi produce musica invogliare l’ascoltatore ad arrivare a fine brano, quindi cercare il giusto equilibrio tra ripetizione (che aiuta a far memorizzare) e variazione (che scaccia la monotonia). Un brano che annoia o è dispersivo ha fallito il suo scopo, e rischierà sempre lo “skip” alla canzone successiva.